giovedì 13 dicembre 2007

NEW YORK TIMES: ITALIANI DEPRESSI, ALTRO CHE MANDOLINO

Reportage sul declino economico... e psicologico del Belpaese

Roma, 13 dic. (Apcom) - Altro che mandolino e canzonette, l'Italia è depressa: lo scrive in un lungo reportage il corrispondente a Roma del New York Times, Ian Fischer, e sul sito del quotidiano americano appare anche un video con le immagini di Beppe Grillo, "il comico che ha scosso l'Italia".

Tutti amano l'Italia, scrive Fischer, "perché mangia e beve bene ma raramente ingrassa o si ubriaca, perché in un'Europa iper-regolata è il posto dove si discute ancora su cosa significhi il semaforo quando è rosso". Tutte "forze interiori".
Ma non bastano più: sono gli italiani stessi a dire che sono i più infelici d'Europa.

Fisher cita un sondaggio dell'Università di Cambridge, ma prima ancora Walter or=red>veltroni: il sindaco di Roma ha detto, "E' un paese che ha perso un po' di voglia del futuro; c'è più paura che speranza". Cita poi i numeri sull'uso di Internet e sul commercio, gli stipendi, l'investimento estero, la crescita: fra i più bassi d'Europa. E di pensioni, debito pubblico, spesa pubblica: fra i più alti d'Europa. Nonché l'ambasciatore Usa a Roma Ronald P. Spogli, "che ha 40 anni d'esperienza in Italia", secondo cui vi è il rischio di un calo del ruolo internazionale dell'Italia e dei suoi buoni rapporti con Washington. L'Italia "deve tagliare l'edera cresciuta attorno a questo fantastico albero vecchio di 2.500 anni".

Speranze? Poche, secondo Fisher, perchè le sue interviste con possibili premier, affaristi, accademici, economisti indicano che se gli italiani hanno paura è perché c'è poco da fare. Di qui il messaggio di Beppe Grillo, "basta! basta! basta!".

Quanto al sondaggio di Cambridge: la parte italiana è stata curata dall'economista Luisa Corrado. Gli italiani risultano i più infelici di 15 paesi europei. I più felici sono i danesi: il 64% si fida del Parlamento, in Italia solo il 36%. Per forza, con una realtà testimoniata da libri come "La Casta" e "Gomorra", dice il corrispondente del New York Times. Per non parlare dell'invecchiamento della classe dirigente. E della popolazione: "nei parchi gruppetti di signore anziane coccolano un singolo bambino. Anche in televisione le star sono anzianotte".

L'immigrazione sale, la famiglia si scompone (aumentano i divorzi), il tasso di natalità è fra i più bassi d'Europa.
Insomma, cosa resta all'Italia? Secondo Fisher: il "made in Italy". I marchi insomma del lusso. Ferrari, Ducati, Vespa, Armani, Gucci, Piano, Illy, Barolo. Anche se mancano nuovi Fellini, Rossellini e Loren, se la cultura, la musica, i film sono scomparsi dal palcoscenico mondiale.

Ma neanche il "made in Italy" ci salverà. Infatti, avverte Fisher, la forza dell'industria italiana dipendeva dai bassi salari e oggi la concorrenza cinese la rende troppo vulnerabile.
Non c'è, quindi, nessuna speranza per il Belpaese? In fondo in fondo al reportage, qualcosa si trova. I giovani imprenditori: primo o poi quelli attuali si toglieranno di mezzo e la nuova generazione è istruita, abituata a viaggiare, alle lingue straniere e all'uso di internet. Meno male. Altrimenti - è la conclusione cupa - l'Italia intera potrebbe seguire il destino inglorioso di Venezia. Oggi la Serenissima cos'è, se non "un cadavere calpestato da milioni di turisti"?

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