(AGI) - Roma, 4 gen. - Non e' punibile l'insulto rivolto al
proprio marito separato se e' riferito a una violenta lite
avvenuta nell'ultimo incontro tra i coniugi. Lo si evince da
una sentenza della Cassazione, che ha annullato senza rinvio la
condanna inflitta ad una donna per ingiuria dal tribunale di
Enna. L'imputata era accusata di aver apostrofato l'ex marito
con le parole 'criminale e assassino', ed era stata condannata
anche a pagare un risarcimento danni pari a 200 euro.
La Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n.138) ha
invece accolto il ricorso della donna: questa rilevava che la
stessa sentenza del giudice di merito aveva riconosciuto che
ella aveva pronunciato le parole contestatele a seguito di un
episodio avvenuto due giorni prima, quando il marito aveva
aggredito lei, suo figlio e suo padre. "Ricorre dunque ad
evidenza - scrivono i giudici di piazza Cavour - l'ipotesi di
cui al secondo comma dell'articolo 599 cp (ritorsione e
provocazione, ndr), atteso che il requisito della immediatezza
va comunque ricollegato a una situazione psichica che ben puo'
perdurare nel tempo per esplodere anche a distanza di tempo per
un episodio trascurabile in se' ma che scatena la condotta
reattiva fino a quel punto contenuta". Nel caso in esame,
inoltre, "l'imputata - si ricorda in sentenza - apostofo' con
le parole riportate in imputazione il marito in occasione del
loro primo incontro susseguente al fatto ingiusto (addirittura
penalmente rilevante) posto in essere dall'uomo".
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