venerdì 14 marzo 2008

TIBET, REPRESSA NEL SANGUE RIVOLTA DEI MONACI, MORTI A LHASA

(9Colonne) Lhasa, 14 mar - Si colora di sangue la protesta anticinese dei monaci tibetani di Lhasa. Da giorni sono infatti in corso manifestazioni di religiosi e attivisti che intendono celebrare il 49esimo anniversario della fallita rivolta contro l'occupazione delle truppe di Pechino del 10 marzo1959. L'esercito cinese è in queste ore mobilitato per contenere le proteste, e lo spettro di una nuova Tienanmen si profila in modo inquietante all'orizzonte. Il centro emergenza della capitale ha infatti riferito che diverse persone sono morte negli scontri tra i manifestanti e la polizia, anche se non è ancora chiaro il numero esatto delle vittime. Per le strade della città, intanto, si spara e la polizia ha usato lacrimogeni. Già in mattinata non erano mancate le violenze: si erano infatti già registrati feriti e arresti. Testimoni e fonti locali avevano parlato inoltre di incendi in varie zone di Lhasa e di spari da arma da fuoco. Secondo l'emittente RadioFree Asia, una manifestazione è stata impedita dalla polizia a Lhasa e decine di arresti sarebbero stati effettuati. L'esercito cinese avrebbe inoltre circondato i tre più grandi monasteri della capitale, ovvero Ganden, Drepung e Sera. I monaci di quest'ultimo monastero sono peraltro al secondo giorno di sciopero della fame, mentre almeno due di loro avrebbero tentato il suicidio. Nel frattempo testimoni riferiscono di incendi presso il mercato di Tromisikhang, che circonda il principale monastero della capitale, il tempio di Jokhang. Lo stesso Dalai Lama è intervenuto sulla vicenda, esortando, dal suo esilio indiano, il governo di Pechino a fermare l'uso della forza contro i manifestanti. "Queste proteste - ha detto - sono la manifestazione di un profondo risentimento del popolo tibetano verso l'attuale amministrazione. Faccio quindi appello alla leadership cinese affinché metta fine all'uso della forza e affronti attraverso il dialogo questo risentimento che cova da molto tempo". "Pechino deve rispettare la cultura tibetana e la loro società multietnica", è invece scritto in una nota della Casa Bianca letta dal portavoce Gordon Johndroe, che ha continuato: "Ci dolgono le tensioni tra i gruppi etnici e Pechino. Il presidente ha più volte detto che Pechino deve avviare un dialogo con il Dalai Lama". Anche l'Unione europea è intervenuta sulla vicenda. "La presidenza di turno slovena - ha detto BernardKouchner, ministro degli Esteri francese - ha proposto un testo di risoluzionein cui si chiede moderazione e la scarcerazione dei manifestanti arrestati".Quanto al governo italiano, il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema ha affermato che la situazione tibetana preoccupa molto "l'Italia e l'Unione europea. Per questo chiediamo con fermezza alla Cina che si ponga fine alle iniziative di repressione".

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