AMMESSA COME PROVA SOLO DOPO DIECI ANNI
(ANSA), WASHINGTON, 29 FEB - Storia da 'American Beauty' nel
Wisconsin di oggi. Solo che, a differenza della celebre
pellicola con Kevin Spacey la vicenda non e' la trama di un film
a sfondo 'noir' ma la cronaca di un quotidiano e tragico tran
tran familiare nell'America di oggi.
Un operatore di borsa del Wisconsin che pensava di aver
ucciso la consorte con un delitto perfetto, a 10 anni dall'
omicidio e' stato invece inchiodato alla sue responsabilita' da
una lettera della moglie giunta...dall' aldila'. Assolto in un
primo processo sei anni fa per insufficienza di prove, e' stato
condannato oggi al carcere a vita per omicidio premeditato
proprio perche', tra le prove a suo carico, gli avvocati hanno
potuto presentare quella lettera scritta dalla moglie prima di
morire e lasciata ad alcuni vicini di casa: ''Mio marito mi
vuole fare del male. Se mi dovesse succedere qualcosa,
consegnatela alla polizia''.
Quella lettera nel primo processo - celebrato nel 2002 - era
stata giudicata inammissibile come elemento di prova. Ma la
Corte Suprema del Wisconsin ha nel frattempo prodotto nuova
giurisprudenza, in base alla quale oggi quella lettera ha invece
potuto essere ammessa, legittimando la riapertura del caso.
La vicenda: Julie Jensen, 40 anni, sposata da 14 con
l'operatore di borsa Mark Jensen, 38 anni, una bella casa e due
figli allora di 3 e 5 anni, nel dicembre del 1998 venne trovata
morta nel suo letto di casa a Pleasant Praire, quartiere
residenziale poco lontano da Elkhorn, in Wisconsin. Da un po' di
tempo la donna non si sentiva bene. ''E' depressa'' aveva
riferito il marito ai vicini. Furono fatte indagini, raccolte
testimonianze, venne anche celebrato un processo, ma alla fine
l'operatore di borsa fu assolto per insufficienza di prove e il
caso fu archiviato come suicidio. L'autopsia tra l'altro
confermo' che la morte di Julie Jensen era stata causata da
un'overdose di barbiturici.
Ma non era cosi'. O meglio, era cosi' solo in parte: i
barbiturici Julie Jensen li aveva effettivamente ingeriti, ma
era stato lui a darglieli, giorno dopo giorno, di nascosto,
accompagnandoli con una sorta di veleno 'invisibile' dato da
bere alla moglie mischiato nei succhi di frutta. Ridotta in
stato di incoscienza, l'aveva infine soffocata con un cuscino,
per poi denunciarne la morte.
L'uomo non sapeva pero' che la moglie aveva lasciato una
lettera ai vicini di casa in cui aveva scritto: ''Credo che mio
marito abbia intenzione di farmi del male. Se dovesse succedermi
qualcosa, consegnate questa lettera alla polizia''.
Nella lettera, Leslie Jensen descrive il menage familiare
della apparente famiglia modello Jensen come una sorta di
incubo. Riferisce che il marito le vuole imporre prestazioni
sessuali estreme, che lei non e' in grado di soddisfarlo, che
lui si ubriaca in continuazione, che ha paura per i figli. Oggi
i figli vivono con la loro maestra, la stessa a cui Leslie
Leslen aveva consegnato la lettera.(luciano.clerico@ansa.it).
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